alla scoperta dell’isola che fu un carcere| Dove Viaggi

Asinara e dintorni: alla chiusura del carcere, l’isola si spopolò in poche settimane. I detenuti e gli agenti, le loro famiglie, il personale di servizio. Se ne andarono quasi tutti tranne gli animali, lasciati liberi di colonizzare questi 52 chilometri quadrati di roccia e macchia mediterranea, ultimo lembo di terra nel nord-ovest della Sardegna.

“La notizia era nota, ma l’ordine di sgombero arrivò per tutti improvviso e perentorio nella primavera del 1998”, racconta Giampaolo Cassitta, che all’Asinara lavorò come educatore per 13 anni. “Non sapevamo se essere felici o meno. Questo per tutti noi aveva rappresentato un luogo dell’anima”.

Quando ci arrivò, nel 1985, aveva appena 26 anni. “Faceva paura a tutti, famosa com’era per essere la Caienna italiana. Poi però scoprivi che era un posto speciale, a sé stante”.

Pause incantevoli e passeggiate nel silenzio

Oggi ci ritorna ogni volta che può: appena sbarcato a Fornelli (l’approdo più vicino per chi si imbarca a Stintino) gli occhi di Cassitta brillano di una luce diversa, forse perché il vento di levante solleva ondate di ricordi.

Continua Cassitta: “Non so se in un carcere normale sarei resistito. Qui era diverso: l’Asinara calmava, ti regalava pause incantevoli di fronte al mare, camminate nel silenzio. Ho imparato a dialogare con i detenuti sulla spiaggia, dentro una stalla, su un muretto di pietra. Così si creava empatia”.

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Il giornalista e scrittore Giampaolo Cassitta ha lavorato come educatore nel carcere dell’Asinara (Antonio Oleari)

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Asinara e dintorni, trekking tra le prigioni

Quello dell’Asinara era un carcere diviso in sette distaccamenti: oggi i loro nomi sono i punti di riferimento sulla cartina di chi vuole esplorare l’isola a piedi, in bicicletta o con un’auto elettrica.

Nella grande pianura erbosa di Fornelli, in lontananza, spiccano i silos per lo stoccaggio del grano del distaccamento di Sant’Anna: “Si coltivava e si lavorava con migliaia di capi di bestiame. I detenuti erano validi allevatori e agricoltori, producevano anche ottimi formaggi”.

A parlare è Giovanni Cubeddu. Arrivato al penitenziario come veterinario, oggi è commissario straordinario del Parco nazionale e dell’Area marina protetta, istituiti nel 2002. “Decenni di isolamento hanno preservato l’isola, che oggi ospita almeno 30 specie vegetali endemiche e oltre 300 specie di animali terrestri”.

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Mappa dell’isola dell’Asinara

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Asinara e dintorni: il centro recupero animali marini

A Cala Reale il Crama (Centro recupero animali marini Asinara) si occupa di salvare e reintrodurre in natura le tartarughe vittime di incidenti.

Mentre a Tumbarino, il più piccolo dei reparti, le celle sono state trasformate in un osservatorio faunistico. Per molti mesi all’anno i volontari dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) studiano le migrazioni degli uccelli inanellando esemplari che potranno poi essere monitorati in tutti gli altri centri d’Europa.

“L’attività è partita nel 1997, quando ancora qui risiedevano i detenuti”, spiega Federico Tossani, ricercatore di Cremona, laureato in Scienze naturali. “Poi si sono aggiunte diverse attività, come quella del censimento degli asini”.

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Fabrizio Marras ha dato il via al suo progetto di escursioni con gli asini nel comune di Carceghe (Antonio Oleari)

Asinara, l’origine del nome dell’isola

Quelli albini, negli anni, sono diventati il simbolo dell’isola, ma, a differenza di quanto si possa credere, non le hanno dato il nome. Furono i latini a chiamarla Sinuaria, data la sinuosità delle sue coste.

Un’aggraziata corrispondenza tra mare e terra che si manifesta in tutta la sua ricchezza dai 408 metri di Punta della Scomunica, la cima più alta dell’isola. Le falesie ripide della costa occidentale si sposano con le baie sabbiose della costa orientale fino quasi a toccarsi nel punto più stretto, dalle parti di Cala di Sgombro, dove i due mari distano meno di 300 metri l’uno dall’altro.

Qui i fondali sono talmente bassi e i golfi tortuosi che in alcuni punti l’acqua ristagna, assumendo così trasparenze difficili da descrivere a parole.

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Asinara e dintorni: un tuffo nel passato

“In queste acque abbiamo identificato ben 14 varietà cromatiche, dal bianco allo zaffiro, passando per diverse sfumature di verde”. E c’è da crederci. Enzo Cossu conosce bene queste insenature: quando era medico del carcere è passato mille volte con la sua auto da questo tratto di strada dove l’asfalto per poco non tocca il bagnasciuga.

E oggi, da fotografo, non si stanca di immortalare l’isola in tutte le stagioni. Anche per lui quella dell’Asinara è la storia di un ritorno. Ma c’è chi ha fatto di più: da qui non se n’è mai andato. Gianmaria Deriu è il solo ex agente rimasto sull’isola dopo la chiusura del penitenziario, dove arrivò appena ventenne. Ha conosciuto gli uomini più pericolosi d’Italia (compreso Totò Riina), ma soprattutto si è innamorato dei silenzi di queste sponde inviolate.

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Asini al pascolo sul campo da calcio dell’ex distaccamento carcerario di Trabuccato, sull’Asinara (Antonio Oleari)

Oggi vive in solitudine nel vecchio Palazzo Reale, dove un tempo soggiornavano i Savoia, ha trovato lavoro presso l’ente Parco e, nel suo salotto, tra decine di sue foto in divisa, offre racconti ai visitatori più appassionati.

La strada prosegue attraversando gli edifici diroccati delle prigioni, mentre nella vicina Trabuccato gli asini pascolano sopra quello che un tempo era un campo di calcio. “Ogni distaccamento ne aveva uno”, racconta ancora Cassitta. “Mi ero inventato un vero e proprio campionato, usavo il calcio come collante e una volta portai all’Asinara persino la Torres in cui militava un giovane Gianfranco Zola”.

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Asinara e dintorni: Cala d’Oliva, Cala Sabina e Cala Giordano

Ma i ricordi più vividi nascono camminando tra i vicoli di Cala d’Oliva, la sede della diramazione centrale del carcere, dove vivevano le famiglie degli agenti. Cassitta indica il punto dove sorgevano la scuola, il bar, la biblioteca.

In disparte c’è anche la casa rossa dove i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino trascorsero l’estate del 1985 (la loro permanenza sull’isola è raccontata nel film Era d’estate di Fiorella Infascelli, 2016).

È strano pensare che pagine di storia così cariche di tensione abbiano avuto per copertina un villaggio serafico, spiagge deserte, versi di sule e gabbiani. Da qui fino al faro di Punta Scorno la strada è sterrata: si prosegue solo a piedi o con mezzi adatti, tra i profumi di elicriso e lentisco.

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La spiaggia di Cala Giordano sull’isola dell’Asinara (Antonio Oleari)

Le acque smeraldine di Cala Sabina e Cala Giordano, tra le preferite dai carcerati in cerca di un bagno proibito, compaiono alla vista dietro un prodigioso tappeto di euforbia: la fioritura, gialla in primavera, durante la stagione secca muta in un color rosso vivo, proprio come il fuoco che questa pianta richiama, abituata com’è a prosperare sui terreni colpiti da incendi.

“Un tempo erano molto più frequenti”, spiega Giovanni Cubeddu, “anche perché gli agenti li usavano per stanare gli evasi nascosti nella vegetazione”.

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Asinara e dintorni: ad Alghero, tra natura e memorie

Casa Gioiosa

L’euforbia è un simbolo di speranza che l’Asinara condivide con un’altra area in cui il passato cupo è diventato occasione di rinascita. A nord di Alghero, il vecchio carcere di Tramariglio è oggi conosciuto come Casa Gioiosa e ospita un Museo della memoria carceraria e due mostre tematiche dedicate a Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry.

La storia di Antoine de Saint-Exupéry

Lo scrittore e aviatore francese nell’estate del 1943 passò qui le sue ultime settimane, prima di sparire misteriosamente durante un volo di ricognizione sopra la Corsica. La casa dove soggiornò è diventata un hotel, ma proprio di fronte ci pensa il Mase (Museo Antoine De Saint-Exupéry) a raccontare la sua incredibile storia.

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Panorama di Castelsardo (Antonio Oleari)

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Il Parco naturale di Porto Conte

La terrazza panoramica della torre aragonese che lo ospita offre uno sguardo su tutta la baia fino a Capo Caccia: è il Parco naturale di Porto Conte, un territorio tra i più suggestivi della Sardegna.

L’ideale è scoprirlo a piedi o in bicicletta. L’oasi faunistica Le Prigionette, sorta sui terreni dell’ex colonia penale agricola, offre una serie di sentieri da cui poter avvistare daini e cavallini selvaggi della Giara, una specie endemica sarda.

Cala Barca e l’isola Piana

Le strade si fanno largo tra pini d’Aleppo e una coltre di asfodeli, poi la vegetazione si dirada: terra rossa, rocce e cespugli di fiordaliso spinoso, finché il blu non si prende la scena. Ed ecco che davanti allo spettacolo di Cala Barca e dell’isola Piana persino il rumore del mare sembra sparire, decine di metri più in basso, lì dove le onde si rompono sugli enormi massi calcarei.

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Cala Barca e l’isola Piana, nel Parco naturale di Porto Conte (Antonio Oleari)

Asinara e dintorni, gli intrecci del tempo

Dalla Nurra a Castelsardo

Scenari di questo incanto sono consuetudine lungo la costa che dalla Nurra si sposta verso est. Castelsardo, antico baluardo dei Doria, appare e scompare tra le curve della strada litoranea finché, superata l’ansa del porto nuovo, rivela chiaramente le sue forme: quelle di un nido di case coricate ai piedi del castello medioevale.

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L’artigiano Tonino Borrielli nella sua bottega di Castelsardo dove intreccia nasse (Antonio Oleari)

Il centro storico è un saliscendi di gradini: dai bastioni si risale fino alla rocca che ospita il Mim, Museo dell’intreccio mediterraneo, omaggio all’arte che da secoli si tramanda da queste parti. Tra le abili mani ancora presenti in paese ci sono quelle di Tonino Borrielli, figlio di pescatori, che seduto al suo sgabello realizza nasse unendo i lunghi steli di giunco o palma nana.

Dalla sua bottega si scorge chiaramente il campanile della basilica di Sant’Antonio Abate, paurosamente sospeso sugli scogli del promontorio. Oltre alla chiesa sono visitabili anche le cripte, un piccolo museo di arte sacra con pezzi d’eccezione.

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La facciata della chiesa romanica di Nostra Signora a Tergu, con le pietre di trachite rosa (Antonio Oleari)

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Asinara e dintorni, alla scoperta dell’Anglona: cosa vedere

Quello che vale di più sono però i racconti che vedono protagoniste le confraternite legate alla Settimana santa. Momento culminante, e vero rito di passaggio per i giovani castellanesi, è la partecipazione al pellegrinaggio del lunedì santo (Lunissanti) lungo gli otto chilometri che salgono alla chiesa di Nostra Signora di Tergu, nell’entroterra.

San Pietro delle ImmaginiSan Pietro delle Immagini
La chiesa romanica di San Pietro delle Immagini, gioiello romanico nelle campagne di Bulzi (Antonio Oleari)

Si tratta di uno dei migliori esempi di romanico in Sardegna. La facciata è un variopinto mosaico di trachite rossa mista a calcare bianco con colonnine, fregi e un piccolo rosone ad abbellirla. Ma tutto il territorio è punteggiato di simili capolavori.

Fa da caposcuola la basilica camaldolese di Saccargia, nel comune di Codrongianos, a fasce bianche e nere tipiche pisane. Mentre San Pietro delle Immagini è un gioiello sconosciuto nelle campagne di Bulzi, tra i vigneti di Cannonau.

Ci si trova nel cuore dell’Anglona, territorio ancora selvaggio dove il telefono spesso non prende e si guida su strade deserte, in un susseguirsi di nuraghi, greggi di pecore e querce piegate dal maestrale.

“Quando ci dicono che qui non c’è nulla siamo soliti rispondere che, per chi viene dalla città, questo nulla può essere tutto” , spiega Simone Campus, che con il Gruppo di azione locale ha scommesso sullo sviluppo turistico di queste terre.

E “tutto” diventa persino “oltre” quando si ha la fortuna di scoprire l’Anglona spendendo la moneta più preziosa: il tempo.

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La basilica di Saccargia, nel comune di Codrongianos, è uno degli esempi più celebri di Romanico sardo (Antonio Oleari)

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Asinara e dintorni, nelle case delle fate

Vanno oltre le aspettative paesi come Sedini, dove anticamente venivano scavate nel tufo le domus de janas (letteralmente “case delle fate”), necropoli preistoriche che gli abitanti hanno poi trasformato in vere e proprie abitazioni. La più famosa ha ancora il numero civico e davvero non sembra che la piccola porta di legno possa condurre nel cuore di uno sperone roccioso tra stretti cunicoli.

Oltre ogni attesa è anche Perfugas, appena duemila abitanti ma una serie di rarità artistiche sorprendenti. La chiesa di Santa Maria degli Angeli ospita uno dei retabli (le pale d’altare istoriate di manifattura spagnola) più imponenti della Sardegna e a due passi, in pieno centro, quasi fosse stato scagliato tra le case da un altro pianeta, un pozzo sacro di età nuragica.

I blocchi di pietra di cui è composto, rifiniti con una perfezione impensabile per l’epoca, vengono dalle cave della vicina Laerru, minuscolo borgo sul margine meridionale dell’altipiano di Tanca Manna.

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Una delle domus de janas di Sedini, necropoli di età nuragica: la popolazione del paese vi abitò fino a qualche decennio fa (Antonio Oleari)

Il turismo slow, tra trekking e ferrate

Tra qui e Cargeghe, nel Coros, la nuova frontiera del turismo slow sono i trekking e le vie ferrate lungo le falesie. In quella del Giorrè si cammina su cenge strapiombanti in completa sicurezza. Le rocce calcaree, come enormi spugne porose scavate dall’uomo, ospitano necropoli, grotte e cunicoli, molti dei quali ancora inesplorati.

Giunti in cima, si cammina sull’orlo dello strapiombo e ci si ferma finalmente a guardare. In un panorama struggente, tra i colori dei frutteti e le forme ondulate della costa, lo sguardo si persuade per pochi secondi di poter arrivare a tutto. Forse, di andare persino oltre.

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