Ristoranti a Milano, ecco la guida più aggiornata: ci sono i light lunch del lunedì per ripartire, l’aperitivo, il pranzo di lavoro e la cena del giovedì prima che tutti scappino dalla città. Chi resta, il venerdì sera va a provare il nuovo indirizzo di cui si parla tanto. E la domenica brunch. È fitta e varia l’agenda gastronomica dei milanesi, pronti all’ultima novità, ma anche a riconoscersi nei riti urbani di sempre, perennemente in bilico sul confine tra business e tempo libero, notte e giorno, amici e colleghi, privacy e socialità.
Nella città dei foodie, dove ogni tendenza dal mondo arriva prima (e altrettanto velocemente passa di moda), c’è spazio per tutti i palati e per i diversi volti della gastronomia: se la cucina d’autore da sempre caratterizza la proposta meneghina, la ricerca di una cucina genuina e conviviale, a prezzi più accessibili, rappresenta una nuova costante.
Ristoranti a Milano: gastronomie e neo osterie
Per questo, forse, uno degli ultimi segnali è la nascita di locali capaci di regalare momenti spensierati, con cibi rassicuranti e sinceri, e piatti da condividere, che raccontano aneddoti e tradizioni, viaggi ed evoluzioni. “Il nostro bisogno di rassicurazione e autenticità ci spinge a cercare ristoranti che abbiano una storia, chef che trasmettano una filosofia precisa e un tipo di cucina che sia riconoscibile”, si legge sul rapporto 2024 di TheFork.
Formule in sintonia con questa linea, dunque, comprendono neo osterie, gastronomie urbane, ma anche indirizzi che propongono piatti d’autore incentrati sul prodotto, di poca teoria e molta sostanza. Che siano chic o popolari, tra gli indirizzi più amati dai milanesi, secondo le ultime tendenze, ci sono insegne che scommettono sull’autenticità. Ha dato il via a questa nuova ondata Silvano Vini e Cibi al banco, inaugurato circa un anno fa nel vivace quartiere di NoLo.
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Nato come spin off del Ratanà, noto ristorante dello chef Cesare Battisti, è il posto giusto dove fermarsi per un buon piattino di cibo fatto bene, semplice e gustoso, da accompagnare a nettari naturali. Alla regia c’è Vladimiro Poma, che qui, tra lampade anni ‘70 e tavoli in legno, propone ricette fredde o preparazioni al forno, esposte in vetrina come si faceva una volta. L’atmosfera vintage e l’offerta sincera di questo locale, caratterizzato da un lungo bancone, in pochi mesi hanno conquistato il cuore dei milanesi, che qui vengono per condividere più assaggi tra amici e trascorrere una serata “easy”, assaporando ragù, vitello tonnato e crudi di pesce.
Tra le gastronomie urbane di ultima generazione da alcuni mesi c’è CreDa, in Porta Romana. Due giovani chef, Crescenzo Morlando e Dario Pisani, sono alla guida di questo indirizzo che fa dell’offerta “popolare”, come la definiscono, la propria bandiera. L’ambiente è rustico con dettagli moderni, diviso tra la sala ristorante e il banco della gastronomia, con piatti pronti per l’asporto.
La cucina? Si ispira ai classici della cultura mediterranea, riletti con spirito contemporaneo. Tra i must da assaggiare, ecco le polpette al ragù di nonna Maria, ma anche la parmigiana fatta come si deve, con la verdura rigorosamente fritta, i friarielli ripassati e la pasta e patate, confortevole e cremosa. Tra i dolci, oltre al classico tiramisù, spunta la pastiera napoletana, un omaggio alle origini campane degli chef.
Si respira aria di casa anche negli spazi di Orsetto d’Abruzzo, aperto a giugno 2024 dal giovane patron sulmonese Domenico Ciotti, che ha portato nel capoluogo lombardo, dopo una prima apertura a Bologna, la tradizione della sua regione natale. Dalle pendici del Gran Sasso alla zona dell’ex Scalo Farini di Milano, ecco allora un locale che fa della genuinità e dell’atmosfera di campagna un credo.
Alle pareti, con effetto mattone a vista, antichi utensili e vecchi setacci danno il benvenuto in questo piccolo angolo del Centro Italia, dove ogni dettaglio è stato aggiunto per rievocare la cultura e gli ambienti delle dimore contadine di un tempo. Il motto del titolare è “cucina sincera a chilometro vero” e allude alla qualità dei prodotti usati, che arrivano direttamente dall’Abruzzo, vini inclusi.
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Così, in un contesto semplice e informale, un calice di Cerasuolo, di Pecorino o di Passerina, si abbina a classici della tradizione regionale agro pastorale. Imperdibili gli arrosticini, gli spiedini di agnello e pecora che vengono cotti alla brace a vista, ma anche le pallotte cacio e ova servite con salsa di pomodoro, o la pizz’ e foje, farina di mais alla brace ripassata con cicoria, le tagliatelle al ragù bianco ovino o gli spaghetti alla chitarra con zucchine, pecorino e zafferano.
Di recente apertura è anche Cucina Franca, non lontano da Porta Romana, un indirizzo che sta facendo breccia nel cuore dei foodie milanesi. In questo piccolo spazio, con una ventina di coperti, Facundo Castellani, spalleggiato in sala da Gianluca Santamato, prepara a vista pochi piatti, ben fatti e dall’ottimo rapporto qualità-prezzo (degustazione a 38 euro). Lo chef, argentino di origini italiane, ha importanti trascorsi professionali alle spalle, a partire dall’esperienza al Mirazur di Mentone, nominato miglior ristorante del mondo da The World’s 50 Best Restaurants nel 2019.
Una moderna vineria con cucina dove l’offerta è eclettica, con proposte caratterizzate da contaminazioni culturali e influenze gastronomiche diverse: si va dalla parmigiana con harissa e cacioricotta di capra mancina del Monte Bianco alle costillas argentine, con salsa chimichurri, pastinaca e miele fermentato. Non ci sono distinzioni tra portate (niente antipasto, primo o secondo), ma specialità da condividere: tutti i commensali possono attingere dal medesimo piatto per un’esperienza all’insegna della convivialità.
Nuovi locali a Milano: bistrot e casual dining
Nella continua ricerca di autenticità, che caratterizza molte delle nuove aperture milanesi, si colloca una tendenza food ormai consolidata: i casual dining, ossia indirizzi informali, dall’atmosfera curata ma rilassata, con una proposta accessibile. Punta sulla cucina regionale, scattando un’istantanea di quelle che sono le “abitudini italiane”, Veramente, inaugurato a fine luglio nel cuore di Brera.
Alle spalle di questo locale dall’ambiente molto curato e dallo stile rétro, declinato nei toni del rubino, del panna e del verde bottiglia, ci sono Gianmarco Venuto e Filippo Sironi, duo imprenditoriale che sigla già il rinomato format del Mannarino, una serie di macellerie con cucina. L’idea? “Stare bene a tavola e riscoprire i sapori di casa”. Si percorre l’Italia da Nord a Sud, con l’interpretazione di piatti che hanno fatto la storia gastronomica dello Stivale: dall’arancina alla milanese ripiena di ossobuco e gremolada ai pici al ragù, mantecati al tavolo davanti agli ospiti, dal polpo con le patate al salame di cioccolato, un dolce che viene affettato al momento e proposto con panna montata. Tutto gustoso, confortevole e ponderato.
E la cucina d’autore? Resiste, ma cambia pelle: gli chef, oltre a firmare ristoranti dai menu importanti, aprono bistrot o seconde linee di locali con proposte più semplici e immediate, magari con un’offerta di all day dining, da mattina a sera. Tra le novità, in questa direzione, nell’area emergente dell’ex Scalo Farini, ecco Faak di Viviana Varese, nota cuoca campana, milanese d’adozione, che in primavera ha lasciato l’ultimo piano di Eataly Smeraldo, dove sorgeva il suo ristorante stellato, per prendere le redini della cucina all’Hotel Passalacqua sul Lago di Como (che si è appena piazzato secondo ai World’s 50 Best Hotels 2024, dopo aver conquistato la vetta lo scorso anno). Panetteria, pasticceria, pizzeria e braceria allo stesso tempo, Faak è un progetto nuovo, che si definisce “ribelle”: uno spazio dall’anima mutevole e con più volti, aperto dalla colazione alla cena, passando per il pranzo e l’aperitivo.
C’è chi viene nella città meneghina anche da molto lontano: è il caso di Pino Cuttaia, chef patron della Madia a Licata, due stelle Michelin, che ha da poco inaugurato, tra gli avveniristici grattacieli di Porta Nuova, il bistrot Uovodiseppia Milano, in collaborazione con l’imprenditore palermitano Vittorio Borgia. Il concept? Piatti rassicuranti e familiari. “Questo vuole essere un luogo che racconta la Sicilia contemporanea attraverso il cibo, offrendo uno spazio accogliente dove il cliente si sente a casa”, spiega lo chef. Sfilano così portate come il Macco di fave con gnocchetti di seppia, il Risotto tenerume e cozze e la Cernia in finta brace. Molto conveniente è il business lunch, con una formula che prevede un piatto unico a scelta tra un’opzione vegetariana, carne e pesce, con acqua, pane e servizio incluso a 28 euro.
Ristoranti a Milano: dove fare un pranzo di lavoro
Il “pranzo di lavoro”, dove si stacca per un’ora, ma si affinano anche alleanze e strategie, è un rito milanese che non tramonta. Per la pausa di mezzogiorno, una carta ridotta, nelle proposte e nei prezzi, è un classico di tutti (o quasi) i ristoranti meneghini. In tema di business lunch e bistrot d’autore, interessante la proposta del Caruso Nuovo, all’interno del Grand Hotel et de Milan, che da un anno si avvale della supervisione di Gennaro Esposito, noto chef di Vico Equense.
Qui, a ridosso di via Montenapoleone, si assaporano piatti che abbracciano le tradizioni del Nord e del Sud, preparati dall’executive chef Francesco Potenza. Ci si immerge in un ambiente raffinato, accogliente ed elegante, rinnovato da Dimorestudio, dove a pranzo vengono proposti due menu: a scelta, due portate a 45 euro o tre portate a 55 euro. I piatti spaziano dallo spaghetto al pomodoro del Vesuvio selezione Gennaro Esposito al risotto allo zafferano, dal calamaro alla griglia con zucchine alla scapece alla cotoletta alla milanese.
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La formula del business lunch è particolarmente allettante nei ristoranti stellati, dove il conto può essere più leggero anche del 50 per cento rispetto alla cena. Così risultano accessibili pure templi della ristorazione cittadina come il Seta, oasi gastronomica all’interno del Mandarin Oriental, a due passi dal Quadrilatero della Moda. Qui il bistellato Antonio Guida, solo a pranzo, dal martedì al venerdì, propone una formula speciale (95 euro) di tre portate a cura dello chef, “per una breve pausa gourmet”, come recita il menu.
In Porta Venezia, invece, l’Alchimia, una stella Michelin, nel menu del business lunch a 39 euro include due portate a scelta tra le proposte della settimana, coperto, acqua e caffè, con piatti come Tonno, tonnato al tonno, ossia tartare di tonno, salsa tonnata e fiocchi di katsuobushi (tonnetto striato essiccato di matrice nipponica), gli Spaghetti con gamberi rosa e limone o la Cotoletta di maiale nero dei Nebrodi, mantecato di patate insalata di cuori di bue.
Bistrot, locali green, ristoranti bio e vegani
Lontano dal glamour del Quadrilatero della moda, invece, a NoLo è diventato un indirizzo cult Tipografia Alimentare, “bistrot e food hub”: ampie vetrate, stile nordico, una sala per prendersela comoda tra macchine per scrivere, libri e giornali. L’ha pensato Carla Di Girolamo, trent’anni di giornalismo alle spalle, con la figlia Martina Miccione e con Mattia Angius, laureati in scienze gastronomiche.
Ci si ferma per un caffè selezionato, per pranzare con i piatti del giorno, sempre semplici, con materie prime di piccoli produttori scelti in tutta Italia, per una pausa dopo una passeggiata lungo il vicino Naviglio Martesana assaporando una torta di carote. A fine giornata aperitivo prolungato: salumi, formaggi solo a latte crudo, calici di vino “naturale”. Un’altra parolina magica, questa, oggi a Milano. Non solo per il vino. La nuova sensibilità all’ambiente, agli animali, al territorio è ormai, più che moda, stile di vita consolidato.
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La galassia del green, dove finiscono insieme il bio e il vegano e la “cucina del senza” (gluten free e senza lattosio) dilaga ormai ovunque in città. La proposta salutista e in declinazione vegetariana/vegana, non a caso, ha avuto qui il suo capostipite, il Joia, regno dello chef Pietro Leemann, il primo, e fino a pochi anni fa l’unico, ristorante d’alta cucina naturale stellato d’Europa. Leemann ha annuunciato di voler presto passare il testimone al suo staff per dedicarsi a nuovi progetti di vita.
Ora gli epigoni green non si contano. Tra gli ultimi nati c’è Linfa Eat Different, in zona Tortona, nel design district. Segni particolari? Cucina 100% vegetale e senza glutine. Un locale “inclusivo”, come lo definisce il giovane founder Edoardo Valsecchi, sensibile alle esigenze di ogni palato. Tutto qui è plant based: i prodotti usati in cucina sono di origine biologica e rigorosamente stagionali, con proposte che vanno dal sushi alla pizza gluten free, dalle polpette a base vegetale ai risotti. La domenica, invece, è tempo di brunch vegano e gluten free.
Ristoranti gastronomici a Milano, per una cena gourmand
Anche la cena gourmand, a Milano, ha le sue nuove regole e i suoi nuovi protagonisti. Più sostanza, meno microporzioni e ostentazione fine a sé stessa, meno lusso, più sapori, ricette e materia prima di qualità non troppo lontana dai luoghi di produzione e con un pizzico di tradizione. Tra le novità cittadine c’è Procaccini Milano, aperto da pochi mesi nella Chinatown meneghina.
Qui è impegnato ai fornelli il trentenne Emin Haziri, che alle spalle ha importanti esperienze professionali, come quella al Cannavacciuolo Bistrot di Torino. Cucina a vista, colori pastello, poltroncine e luci soffuse accolgono in questo spazio dove è possibile scegliere tra diversi menu degustazione, che declinano rispettivamente i piatti iconici dello chef, raccontando idealmente la storia del suo viaggio professionale, i classici della tradizione italiana, interpretata con spirito contemporaneo, e la natura, con un percorso totalmente vegetariano.
Un altro giovane chef è da poco approdato in città, in arrivo dall’Emilia Romagna: Giuseppe Gasperoni, già stella Michelin under 30, soprannominato il “cuoco delle origini” per la sua costante ricerca di materie prime genuine, che lo porta sino all’origine dei prodotti, appunto. Guida la cucina del ristorante Fourghetti (insegna che molti ricorderanno a Bologna, dove ha chiuso, guidata da Bruno Barbieri).
Il locale si trova in via Ascanio Sforza, sui Navigli, negli spazi un tempo occupati da Sadler, e ha aperto qui per volere dell’imprenditrice meneghina Silvia Belluzzi. I fornitori dello chef? Sono diretti: allevatori, pescatori e coltivatori. Dai loro prodotti nascono tre menu di cinque portate: Terra, Mare e Vegetariano. I piatti? Sono creativi, stagionali e giocosi: dall’Orzotto, Cozze, Curry ai Cappelletti di coniglio, Limone, Salvia, un signature del cuoco di casa.
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Si candida a diventare un luogo di culto per gli amanti della cultura nipponica, invece, il ristorante di alta cucina giapponese Iyo Kaiseki, in piazza Alvar Aalto, in zona Porta Nuova, nato all’interno degli spazi già esistenti di Iyo Omakase. Si tratta della novità settembrina firmata da Claudio Liu, imprenditore che in città firma diverse realtà a vocazione nipponica, a partire dallo stellato Iyo Restaurant, in via Piero della Francesca. Nel nuovo spazio è protagonista la cucina kaiseki, ossia la massima espressione dell’alta gastronomia giapponese: tecnica, stagionalità e complessità si fondono in una proposta che vuole immortalare il Sol Levante più autentico. Un viaggio tutto da scoprire.
Cena con vista: ristoranti con terrazza per guardare i grattacieli
Cena con vista? Per i milanesi sempre più innamorati del mutevole e avveniristico skyline della loro città, il tavolo panoramico è ormai irrinunciabile. Dopo il successo di luoghi diventati simbolo del lifestyle cittadino come Ceresio 7, due piscine, ristorante e lounge bar sul tetto di Palazzo Dsquared, in zona Monumentale, ecco diverse nuove aperture in questa direzione.
Nuovissima la proposta di Palazzo Cordusio Gran Melià, cinque stelle lusso in pieno centro. Al quarto piano, a proposito di terrazze, si trova Sachi, un ristorante giapponese curato da Sunset Hospitality Group, che si affaccia sulle guglie del Duomo, dove si fa una cucina a metà strada tra la kaiseki e l’izakaya, la trattoria nipponica.
Al quinto piano della struttura, ex Palazzo Venezia, invece, è tutta italiana la proposta di Isola Ristorante: Francesco Bagnato e Achille Esposito, rispettivamente brand chef e head chef, propongono una narrazione gastronomica ispirata alle iconiche isole del Belpaese, dalla Sardegna alla Sicilia, a Capri. Via libera a sapori mediterranei: fritto misto, con calamari, mazzancolle e maionese al limone di Amalfi, cozze alla marinara, con acqua di pomodoro, erbe fresche, servite con pane bruscato, arancini di riso con zafferano e piselli verdi, ma anhe gnocchi alla sorrentina, linguine vongole e bottarga e orata all’acqua pazza.
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Tra le nuove aperture, infine, segnaliamo Casa Brera, luxury lifestyle hotel di Marriott International che porta nel cuore di Milano un concept di accoglienza che unisce anima meneghina e spirito cosmopolita, con un design curato da Patricia Urquiola. Si trova in una tranquilla piazzetta dietro il Teatro alla Scala, nel cuore di Milano. Al suo interno si sviluppano quattro hub gastronomici: l’all-day lounge bar Casa Brera Living, il ristorante italiano di alta cucina Scena (di imminente inaugurazione), il rooftop panoramico con skybar Etereo, oltre a Odachi, un ristorante giapponese tradizionale.
A firmare la consulenza per i primi tre locali è lo chef Andrea Berton, che supervisiona l’offerta. Il consiglio è quello di salire all’ultimo piano dell’edificio e godersi un aperitivo in terrazza, con tanto di piscina, negli spazi di Etereo: un luogo che si candida ufficialmente a diventare uno dei nuovi indirizzi di riferimento della città. Perché da lassù Milano è ancora più bella.