Ragusa: cosa vedere tra chiese, spiagge e palazzi nascosti

Romana, araba, normanna, sveva e aragonese. E poi splendidamente barocca. Ragusa, una e tante, ha il fascino sensuale di una nobildonna del Seicento e, insieme, la solennità delle architetture sacre. E pensare che il suo aspetto odierno lo deve a una tragedia: lu tirrimuotu ranni (un megaterremoto) colpisce, a fine ‘600, la Sicilia sudorientale, distruggendo Ragusa e decine di altre località.

I viceré spagnoli assoldano maestranze locali per una tempestiva opera di ricostruzione e in pochi mesi tutto ritorna come prima. O quasi. Ragusa è tra le città che subiscono un rifacimento praticamente totale: ricorrendo allo stile in voga al tempo, il Barocco, gli architetti reali vanno alla ricerca dell’inaspettato e dello stupefacente, in uno sfoggio di abilità tecniche, forme fantastiche ed esagerazioni segnate, anche, da una vena di follia.

Ragusa, la costruzione della città barocca

Sulle rovine sorgono così nuove chiese, case, palazzi dove scalpellini e scultori creano piccoli capolavori. Poveri, perché nella fretta della ricostruzione non c’è tempo di rifornirsi di marmi pregiati e si ricorre alla pietra locale, il calcare dorato. Ma belli, perché tutto risulta spettacolare, con soluzioni a effetto: i prospetti dei palazzi si riempiono di cornucopie ricolme di frutta, sulle facciate di chiese e conventi spuntano mostri e demoni, sante in estasi e angioletti paffuti, le mensole dei balconi si popolano di figure mostruose.

Come quelle di Palazzo La Rocca, con la sua collezione di figure grottesche: suonatori, puttini dispettosi, mascheroni, cariatidi e telamoni. “Case su dirupi, grandi piazze, fabbricati ecclesiastici, acropoli barocche”: così Elio Vittorini descrive le città risorte dopo il sisma. Ed è proprio grazie alla combinazione di tragedia e ricostruzione che Ragusa (e le altre sorelle del Val di Noto) si sono guadagnate il riconoscimento Unesco di patrimonio dell’umanità. Queste chiese, case, palazzi vivono oggi una nuova vita grazie ad aperture, ristrutturazioni, restauri che li riportano all’antica bellezza.

Duomo di San Giorgio Ragusa IblaDuomo di San Giorgio Ragusa Ibla
Una veduta notturna di Ragusa Ibla, con il Duomo di San Giorgio sullo sfondo. Foto Luca Scamporlino

Cosa vedere a Ragusa

Ragusa Ibla

Ragusa non è una sola, ma due, a causa delle dispute tra gli abitanti dopo il terremoto: una parte della popolazione (i sangiorgiari, devoti a San Giorgio) non voleva abbandonare il colle dove sorgeva la chiesa del loro patrono. Non erano di questo parere i sangiovannari, che decisero di ricostruire altrove la chiesa di San Giovanni.

E allora la città sangiorgiara Ibla, dai vicoli stretti e dalle caratteristiche scalinate scoscese, ha come confini ideali le maioliche del campanile di Santa Maria dell’Itria e il Giardino Ibleo a strapiombo sulla vallata sottostante.

La sua fascinazione va ricercata nei dettagli: le case appoggiate le une alle altre, i tetti spioventi dalle tegole colorate che si lasciano sfuggire ogni tanto un campanile, un pinnacolo, la grandiosa cupola dell’ottocentesco Duomo di San Giorgio, l’eleganza di palazzi barocchi e rococò, le smorfie dei mostri di pietra che sorvegliano prospetti e portoni d’ingresso.

E poi c’è, appunto, il gioiello verde del Giardino Ibleo che racchiude, tra viali di jacaranda e alberi di Giuda, le chiese di San Giacomo, rimasta miracolosamente intatta dopo il sisma, e di Sant’Agata ai Cappuccini.

Poco lontano, le vestigia della vecchia cattedrale di San Giorgio: resta solo un portale gotico nella cui lunetta si nota a stento il santo in lotta contro il drago.

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Giardino Ibleo RagusaGiardino Ibleo Ragusa
Il Giardino Ibleo. Foto Luca Scamporlino.

La cattedrale di San Giovanni Battista

Superando un dislivello di oltre 200 gradini si raggiunge Santa Maria delle Scale, nella parte alta di Ragusa, ricostruita a scacchiera dopo il sisma, con le lunghe vie che si aprono all’improvviso su potenti scenari tardobarocchi.

Qui, in piazza San Giovanni, sorge la cattedrale, con la facciata dalle morbide linee ricurve e dalle colonne corinzie oversize, riccamente decorata di intagli, sculture, lesene bugnate. Non mancano neppure due orologi solari del XVIII secolo, uno che misura il tempo in ore italiche (dal tramonto al tramonto), l’altro in ore francesi (da mezzanotte a mezzanotte).

Inaspettato il coup de théâtre offerto dal sagrato, sopraelevato rispetto alla piazza e cinto da una balaustra in pietra pece. Anche all’interno le sorprese non mancano: capitelli scolpiti e dorati, angeli in stucco, dorature rococò nelle volte, grandi nicchie gremite di statue.

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Santa Maria delle Scale, RagusaSanta Maria delle Scale, Ragusa
La chiesa di Santa Maria delle Scale, che con i suoi oltre 200 gradini collega Ibla alla parte alta di Ragusa. Foto Luca Scamporlino

I palazzi nascosti di Ragusa

Poi c’è da scoprire la Ragusa più nascosta, quella dei palazzi e delle cave di calcare, dei teatri e dei mercati che, grazie a sapienti interventi di ristrutturazione, sono pronti ad accogliere visitatori e amanti del bello.

Palazzo Arezzo di Donnafugata

Ecco per esempio, nel cuore di Ragusa Ibla, Palazzo Arezzo di Donnafugata, di proprietà della famiglia DiQuattro, che rivela per la prima volta al pubblico il suo piano nobile: la sala da pranzo affrescata che si apre sul giardino interno, i salotti dalle pareti rivestite in seta, la sala da biliardo, il teatrino da 99 posti.

“Il palazzo”, racconta Vicky DiQuattro, “è praticamente un museo: la sua quadreria conserva opere di scuola caravaggesca, di Salvator Rosa, José de Ribera, Bartolomé Esteban Murillo; le collezioni sono composte da preziosi servizi da tavola, porcellane di Sèvres, maioliche giapponesi e ceramiche di Caltagirone. Per questo il piano nobile del palazzo diventa sede di mostre.

Come quella dello scorso anno dedicata alle Tavole dei Gattopardi: tre in tutto, preparate per accogliere un pranzo di gala, con alcuni dei servizi storici dei baroni Arezzo”.

Uno dirimpetto all’altro, i due rami della famiglia si contrapponevano fieramente.

Palazzo La Rocca RagusaPalazzo La Rocca Ragusa
Una maschera grottesca abbellisce e sorregge uno dei balconi di Palazzo La Rocca. Foto Luca Scamporlino

Palazzo Arezzo

Ed ecco che, quasi di fronte al primo, si apre un altro Palazzo Arezzo, quello di Trifiletti. L’androne di ingresso e la scala a forbice in pietra pece anticipano fasto e nobiltà. E poi, a seguire, un superbo salone delle feste, con piastrelle di maiolica di fine Settecento, tendaggi e arredi d’epoca e una serie di salotti affacciati sulle architetture fantastiche del Duomo di San Giorgio.

A due passi dal Duomo e dai palazzi Arezzo si visita il Circolo di conversazione. In passato accoglieva i nobili ragusani che non si volevano mescolare con la gente comune nei caffè o nelle piazze.

Le sale si inseguono e fanno da cornice a un giardino segreto, e poi il fastoso salone degli specchi con le grandi cornici dorate, i divani di damasco, la seta rossa alle pareti, un lampadario in rame: tutto rievoca i fasti dei Gattopardi ragusani.

Oggi il circolo è aperto al pubblico e i fan di Montalbano vi riconosceranno alcuni luoghi della serie televisiva.

Nuova vita anche per l’Antico Mercato, nell’omonima via che si spalanca sul canyon percorso dal torrente San Leonardo. Dopo anni di abbandono la struttura è rinata e i suoi spazi ospitano un teatro dei pupi e botteghe-museo, come le putie del vino, del fabbro, del pittore, del siddaru (sellaio).

E come la Bottega Cinabro, dove due maestri carradori, Biagio Castilletti e Damiano Rotella, fanno rivivere l’arte della pittura e del restauro dei carretti siciliani, oggi a rischio di estinzione.

Palazzo degli Antoci

C’è un luogo dove la matita geniale dell’architetto Paolo Lanzerotti, fra i padri del Liberty siciliano, è riconoscibile in ogni angolo: è Palazzo degli Antoci, sapiente combinazione di materiali e arredamenti, rivestimenti preziosi e pavimenti antichi, soffitti affrescati e vetrate Tiffany. Anche questa dimora si apre di nuovo con visite (su appuntamento), presentazioni di libri, incontri culturali e nelle Giornate Fai.

Cava Gonfalone, poi, è un magnifico recupero di archeologia industriale: una pirrera (cava di calcare) che diventa spazio per eventi, conferenze e concerti.

Castello di Donnafugata RagusaCastello di Donnafugata Ragusa
Il Museo del costume (Mudeco), all’interno del Castello di Donnafugata. Foto Luca Scamporlino

Palazzo Zacco

Ci sono ancora da scoprire i bassi di Palazzo Zacco. Se i balconi della facciata decorati con mascheroni, animali fantastici, suonatori, intrecci di fiori e foglie raccontano l’epopea del tardo Barocco, nei locali di servizio – i bassi, per l’appunto – si visita il Museo del tempo contadino.

Con gli attrezzi e gli utensili della tradizione, ma anche con i lavori affidati alle donne che confezionavano merletti per i corredi, il museo fa rivivere la civiltà rurale della Ragusa terragna.

Al piano nobile, invece, si visita il Museo della Città, con opere d’arte, plastici e contenuti multimediali che si mescolano per un racconto immersivo della storia del capoluogo.

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Castello di Donnafugata

Ma è ora di uscire dal centro urbano, attraversare la campagna disegnata dal labirinto di muretti a secco, tra campi di terra rossa, colline ondulate, alberi di carrubo a perdita d’occhio e masserie, per arrivare al Castello di Donnafugata.

Il nome della dimora sembra rievocare una fosca storia familiare di fughe e rapimenti, forse a qualcuno potrà ricordare la casa di villeggiatura del Principe di Salina descritta da Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo. Niente di tutto questo.

L’appellativo deriva da una parola araba che si riferisce a una sorgente d’acqua non distante dalla costruzione. Il castello era, in realtà, una masseria, poi trasformata in villa patrizia di campagna dai baroni Arezzo fra la metà dell’800 e i primi del ‘900.

Dopo una singolare facciata in gotico veneziano, il primo piano offre una serie di ambienti raffinati: da quello degli stemmi, con i blasoni delle nobili famiglie siciliane, a quello degli specchi, sfarzosamente arredato con mobili dorati e tappezzerie; dalla stanza della musica, con trompe-l’oeil alle pareti che ricostruiscono immaginari paesaggi siciliani, al salotto dei fumatori.

Il castello ospita anche un Museo del costume (Mudeco), con una collezione di quattromila abiti – il più antico è del 1490, il più recente del 1950 – e di accessori. Tra i tesori di alta moda d’antan ci sono la creazione sartoriale che ispirò la toilette da ballo di Angelica per il film Il Gattopardo di Luchino Visconti, un vestito di Vincenzo Bellini e un abito di gran gala di Franca Florio, nobildonna e animatrice della Belle Époque siciliana.

Il bello deve ancora venire. Ad arricchire la villa ecco infatti un parco che custodisce oltre un migliaio di specie vegetali, alberi monumentali e viali di bosso, una sorprendente coffee house in stile Neoclassico, grotte artificiali e ninfei.

E poi c’è il pirdituri – cioè il labirinto, immortalato nel film Il racconto dei racconti – Tale of Tales di Matteo Garrone – un divertissement costruito in pareti in muratura, come una masseria fortificata.

Un’oasi di tranquillità e bellezza che dopo un attento restauro torna al suo splendore originario di opera d’arte verde. Per incantare, stupire e meravigliare i suoi visitatori. Come ovunque, a Ragusa.

Circolo di conversazione RagusaCircolo di conversazione Ragusa
Circolo di conversazione che in passato accoglieva i nobili ragusani. Foto Luca Scamporlino

Le spiagge più belle vicino a Ragusa

A pochi chilometri dalla città, arenili da sogno e calette tranquille, angoli solitari e strapiombi imprevedibili dove il colore del mare è fra lo smeraldo e il turchese. Da Marina di Ragusa a Punta Cirica, da Randello a Sampieri, a Punta Secca, cinque mete imperdibili.

Marina di Ragusa

Due chilometri di spiagge di finissima sabbia dorata, ben attrezzate per la fruizione delle famiglie, i fondali bassi, le acque sempre limpide e tranquille: Marina di Ragusa è un po’ la Rimini iblea, adatta a tutti i gusti.

Qui gli stabilimenti balneari si alternano agli arenili liberi e non manca un tratto di scogliera con mare azzurro e fondali più profondi, adatti per chi predilige fare snorkeling.

Marina RagusaMarina Ragusa
Marina Ragusa, due chilometri di finissima sabbia dorata. Foto Luca Scamporlino

Sampieri

Se Marina di Ragusa è per chi non sa rinunciare alle comodità e ai servizi, la spiaggia della Mannara a Sampieri è una destinazione più selvaggia. Controllata a vista dai suggestivi ruderi di archeologia industriale della Fornace Penna – per i locali la fabbrica bruciata, perché distrutta da un incendio doloso – è grandissima, protetta alle spalle da una sfilata di dune, con acque trasparenti.

Punta Secca

Trovare la spiaggia è molto facile, perché i cartelli con l’indicazione “Casa del commissario Montalbano” non mancano. Borgo e litorale, infatti, sono diventati famosi grazie alla fortunata serie tv tratta dai romanzi di Camilleri. Meritatamente.

Il lungo spicchio di sabbia dorata è delimitato da un’antica torre di avvistamento, a un mare blu, alla rocce che emergono dalle acque: le secche appunto che hanno dato il nome al borgo.

La spiaggia di Punta Secca RagusaLa spiaggia di Punta Secca Ragusa
La spiaggia di Punta Secca. Foto Luca Scamporlino

Randello

Tra memorabilia greche e romane – come le necropoli del sito archeologico di Kamarina (V-II secolo a.C.), nel comune di Scoglitti – la spiaggia di Randello è la perla dell’omonima riserva naturale, che si estende per 156 ettari.

Una vera e propria oasi incontaminata caratterizzata da mare azzurro e dune di sabbia soffice, ginepri e tamerici. Il tutto circondato da una folta pineta.

Punta Cirica

Ecco una spiaggia bellissima, dove la natura si è sbizzarrita. Posta nel territorio di Ispica, Punta Cirica vanta piccole baie delimitate da scogliere in tufo bianco coperte da arbusti e vegetazione mediterranea, spiagge protette da scogli frangiflutti, grotte naturali e falesie spettacolari.

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Dal mare, poi, emergono diversi faraglioni che (ancora) resistono alle mareggiate. Davvero una meraviglia della Sicilia costiera.

Punta CiricaPunta Cirica
Punta Cirica. Foto Luca Scamporlino

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