Nepal, le città della pace: Kathmandu, Patan, Bhaktapur

Rumori assordanti e preghiere, materialismo e spiritualità, sensualità e religione: con le sue combinazioni più azzardate e indecifrabili (agli occhi occidentali) il Nepal esercita, da sempre, una strana attrazione su chi decide di visitarlo. I primi a scoprirlo, nei favolosi anni Sessanta, furono i figli dei fiori, i mistici, i new ager e gli appassionati di filosofie orientali. Oggi non sono più gli unici frequentatori di Kathmandu e degli altri centri della sua valle.

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stupa di Boudhanath Nepalstupa di Boudhanath Nepal
Lo stupa di Boudhanath

Nepal, viaggio nelle città della pace

Kathmandu e dintorni

La presenza turistica a Kathmandu e nei suoi dintorni è ben diversa rispetto agli anni del Peace and Love e delmusical Hair. “Le cose sono cambiate”, conferma Rakesh Kumar Manandhar, nepalese doc, che accompagna i viaggiatori chiarendo con pazienza gli aspetti più misteriosi della vita nella Kathmandu Valley.

“Ma la miscela di storia e spiritualità e le atmosfere di pace e tolleranza religiosa esercitano ancora un fascino magnetico sugli occidentali. Lungo la valle bagnata dal fiume sacro Bagmati si trovano le tre città reali di Kathmandu, Patan e Bhaktapur, un tempo espressione del massimo splendore della dinastia Malla, poi fiere rivali e capitali di tre regni distinti. Che però, con l’avvento della dinastia Shah, dal XVIII secolo furono di nuovo unificate in un regno, con capitale proprio Kathmandu”.

Quello che non è cambiato è il senso religioso, perché induismo e buddhismo convivono da sempre e non c’è divisione tra sacro e profano. Si dice (esagerando?) che ci siano tanti dei quante sono le persone nella valle, e tanti templi quante sono le abitazioni, perché quasi ogni casa ha un santuario dedicato alla divinità protettrice della famiglia.

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architetture newari in piazza Durbar Square a Kathmandu Nepalarchitetture newari in piazza Durbar Square a Kathmandu Nepal
Alcune delle magnifiche architetture newari che nobilitano Durbar Square, la piazza più importante di Kathmandu, vero e proprio museo a cielo aperto

Il fascino dei contrasti

L’impatto con Kathmandu è forte: l’aria della città è tra le più inquinate del mondo e l’atterraggio all’aeroporto Tribhuvan non è sempre assicurato, perché smog e foschia riducono la visibilità a poche decine di metri. Il traffico, poi, non fa rimpiangere quello delle megalopoli occidentali: decine di motorini, scooter, risciò, auto, tuk-tuk si intrecciano, frenano, accelerano, segnalano la loro presenza con clacson e scampanellii.

Però la città nel suo insieme è splendida e popolana, regale e plebea, mescola casupole e grattacieli, templi sontuosi e negozietti che si allargano sulle strade, mattoni fatti ancora a mano e vetrocemento, insider e trekker di ogni nazionalità: laggiù all’orizzonte, quando la foschia si dirada, si vedono gli Ottomila dell’Himalaya, croce e delizia degli scalatori  di tutto il mondo.

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grande ruota di preghiera davanti al Boudhanath Kathmandu Nepalgrande ruota di preghiera davanti al Boudhanath Kathmandu Nepal
Una grande ruota di preghiera davanti al Boudhanath

Tra induismo, buddhismo e culti ancestrali

Kathmandu è una miscela dinamica di influenze spirituali e religiose, di profumi di incensi e sventolio di prayer flag – le bandierine colorate con le preghiere stampate sulla stoffa che vengono affidate al vento e che, secondo la tradizione, portano salute, fortuna e pace – di stupa buddhisti e di luoghi sacri indù.

rito della cremazione induista sui ghat lungo il fiume sacro Bagmati Kathmandu Nepalrito della cremazione induista sui ghat lungo il fiume sacro Bagmati Kathmandu Nepal
Il rito della cremazione induista sui ghat lungo il fiume Bagmati, considerato sacro dai nepalesi

Pashupatinath

Uno di questi, lungo le rive del Bagmati, è il Pashupatinath, crocevia sacro di edifici e statue, pellegrini e sadhu (i santoni che vivono di elemosine), reliquari e templi vietati agli occidentali. Dall’argine sinistro del fiume, però, si vede la serie di ghat, le piattaforme utilizzate per le cremazioni: per gli indù morire e venire bruciati sulle rive del Bagmati è il massimo del compimento religioso e garantisce la liberazione dal samsara, il doloroso ciclo delle rinascite.

Sui ghat le cerimonie funebri si susseguono quasi ininterrottamente con la preparazione delle cataste di legna, il lavaggio rituale dei corpi con l’acqua del fiume, le nenie dei congiunti, l’accensione del fuoco, lo spargimento delle ceneri nel Bagmati.

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Nel sito Unesco di Durbar Square

Ma il cuore della vecchia Kathmandu batte nel sito Unesco di Durbar Square (la piazza del palazzo, questo il significato di durbar), dove venivano incoronati i re della città. Legno e mattoni, tetti a pagoda, intagli preziosi nelle essenze e nella pietra che rappresentano divinità indù e temi legati al buddismo sono i motivi tipici della tradizione newari, cioè dei Newa, l’etnia a cui si devono la cultura e l’arte tipici nepalesi.

Palazzo Reale

Qui sono concentrati gli edifici tradizionali più spettacolari: templi, santuari, padiglioni, rifugi per i pellegrini, pagode e, ovviamente, il Palazzo Reale con dieci cortili, torri, musei e una sgargiante (e fuori contesto) facciata neoclassica.

Il Palazzo-pigione di Kumari Chowk

Sulla piazza si affaccia anche il Kumari Chowk, il palazzo/prigione dorata dove la Kumari Devi, bambina considerata l’incarnazione vivente della dea Taleju, vive in clausura fino alla pubertà, mostrandosi ai devoti dall’alto di una finestra e uscendo dal palazzo solo in occasione di feste religiose.

Nessun altro tempio illustra meglio la natura adattabile della religiosità nepalese, che mescola con disinvoltura induismo, buddhismo e culti ancestrali: Kumari è considerata una dea indù ma viene scelta in una famiglia buddhista e deve esibire una serie di attributi fisici considerati di buon auspicio.

Freak Street

A due passi dal suo palazzo c’è Jhochhe, meglio conosciuta come Freak Street: qui si ritrovavano, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, nomadi giramondo, hippy e figli dei fiori che si avvicinavano a nuove culture, nuovi stili di vita, nuove tradizioni. Oggi di quel periodo è rimasto solo il nome, un mercatino di artigianato etnico, ristorantini e caffetterie con vista sui palazzi di Durbar Square.

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stupa Boudhanath luogo sacro del buddhismo tibetano Kathmandu Nepalstupa Boudhanath luogo sacro del buddhismo tibetano Kathmandu Nepal
Stupa Boudhanath, luogo sacro del buddhismo tibetano

Dove ritrovare lo sguardo del Buddha

Lo stupa Boudhanath

Per entrare nel sincretismo mistico di Kathmandu, poi, niente di meglio che visitare due tra gli edifici religiosi più importanti in città. Il primo, in una piazza rotonda che sembra isolata dal resto del mondo, è lo stupa di Boudhanath, il monumento religioso buddhista per eccellenza e il più grande tempio fuori dal Tibet.

In passato questo stupa era un’importante stazione di posta lungo la rotta commerciale tra Lhasa e Kathmandu e i mercanti tibetani si recavano qui a pregare prima di affrontare gli alti passi himalayani. Visto dalle terrazze di baretti e caffetterie sembra un gigantesco mandala appoggiato su  tre grandi piattaforme digradanti: nella base sono incastonate 108 piccole immagini di Buddha (108 è un numero sacro in quella religione) e ruote di preghiera che migliaia di pellegrini e monaci fanno girare quando, durante la kora, percorrono in senso orario la circonferenza dello stupa, recitando mantra e accendendo candele di burro.

Forse è il monumento più instagrammato di Kathmandu, ma vederlo dal vivo, tra le bandierine tibetane al vento e i due occhi del Buddha “che non sente, non parla, non giudica ma tutto vede”, è una bella emozione.

Il monastero di Kopan

Il secondo edificio sacro da non perdere è il monastero di Kopan, arroccato su una collina che, nelle giornate di vento, regala una bella vista sulla capitale. Dimora di monaci, lama e insegnanti, è frequentato da chi vuole approfondire lo studio del buddhismo, seguire seminari, meditare.

Sull’altura sono dislocati gli edifici sacri che compongono il monastero: il tempio principale con la sala delle preghiere, gli stupa cosiddetti dell’illuminazione, il tempio tantrico, i reliquari.

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riscio' nei vicoli del quartiere Thahity Kathmandu Nepalriscio' nei vicoli del quartiere Thahity Kathmandu Nepal
Tour in risciò lungo i vicoli del quartiere Thahity, nel cuore della città vecchia di Kathmandu.

Il quartiere di Thamel

Su un risciò che si fa strada tra il traffico disordinato della città vecchia si arriva a Thamel, il quartiere più turistico, sorprendente ed estenuante agli occhi degli occidentali.

Il patrimonio culturale e artistico senza tempo di Kathmandu si rivela anche qui tra i piccoli templi medioevali, botteghe straripanti di merce, piccoli mercati di frutta e verdura improvvisati agli angoli delle strade, santuari nascosti ricoperti di fiori, cortili zeppi di sacchi di riso e peperoncini appesi a essiccare, minuscoli laboratori di artigiani che cuciono con vecchie macchine, battono il rame, intagliano l’ottone, infilano centinaia di perline di vetro per farne collane, diademi, bracciali.

Patan, l’altra capitale del Nepal

Poi si va a Patan. La seconda città capitale dell’antico Nepal è diversa. Kathmandu è caotica e rumorosa, Patan ordinata e silenziosa, sofisticata e bohémienne: non a caso molti la chiamano con il suo nome in sanscrito, Lalitpur, che significa città della bellezza.

Gran parte del suo fascino è dovuta al fatto che il centro storico è rimasto praticamente intatto e la sua Durbar Square, non altrettanto monumentale dell’omologa di Kathmandu, è più raffinata e meno turistica, con pagode e palazzi, templi e santuari, campane di preghiera che suonano, monaci che recitano i loro mantra e un solenne Palazzo Reale dalla facciata elaboratissima, con cornicioni sporgenti, finestre scolpite e timpani cesellati.

Templi e musei a Durbar Square

Affacciati su Durbar Square si trovano templi di straordinaria bellezza: come quello di Krishna Mandir, per esempio, sviluppato su tre livelli, con una serie di colonne che sostengono un’alta guglia e sculture che narrano le storie dei poemi epici Mahabharata e Ramayana.

E, ancora, il tempio di Bhimsen, dedicato al dio del commercio e facilmente riconoscibile per le sue finestre dorate, e quello di Vishwanath, devoto a Shiva e decorato con sculture erotiche.

E poi c’è il museo di Patan, in un’ala del Palazzo Reale, dove sono ospitate opere di sorprendente fattura: statue in bronzo e terracotta, dipinti su tela, manoscritti, oggetti votivi che rendono questa collezione di arte sacra una tra le più prestigiose di tutta l’Asia.

Lo sfarzoso monastero di Hiranya Varna Mahavihar

Poco lontano da Durbar Square, ecco lo sfarzoso Hiranya Varna Mahavihar (monastero dorato, in sanscrito), pagoda a tre piani dalla facciata dorata, appunto, decorata da immagini del Buddha e considerata uno dei migliori esempi della lavorazione a sbalzo del metallo prezioso nel Paese.

Botteghe artigiane e laboratori

Patan è infatti la città degli artigiani che producono buona parte degli oggetti metallici del Nepal e nei suoi vicoli non è difficile incontrare botteghe, laboratori, piccoli atelier dove si producono manufatti raffinati, dalle maschere votive alle healing bowl, le ciotole che guariscono (e che in Italia vengono chiamate, molto più prosaicamente, campane tibetane).

Benefiche healing bowl

Da quelli essenziali (stagno e piombo) ai preziosi (argento e oro): i metalli che compongono  le healing bowl sono sette, “perché in base alla loro percentuale cambiano il tono, la vibrazione e la qualità del suono prodotti dalla ciotola”, spiega Abhishek Chitrakar, maestro di trattamenti vibro-acustici della bottega Om Handicrafts. Stesso discorso se la bowl è piena d’acqua o vuota.

Molto interessanti e benefiche anche le sessioni di suonoterapia: si entra a piedi nudi e con gli occhi chiusi in una grande ciotola e quando Chitrakar comincia a percuoterla, le vibrazioni sonore che si sviluppano hanno un effetto rilassante, unito a una piacevole sensazione di calore che si irradia lungo tutto il corpo.

Durbar Square a Bhaktapur Kathmandu NepalDurbar Square a Bhaktapur Kathmandu Nepal
Uno scorcio di Durbar Square, a Bhaktapur.

Bhaktapur, la terza capitale del Nepal

A una quindicina di chilometri da Kathmandu, un altro mondo è  Bhaktapur, la terza, storica capitale del Nepal, come le altre patrimonio Unesco.

È la città delle piazze antiche e delle pagode dai tetti spioventi, museo a cielo aperto di un passato glorioso che però non opprime con il suo peso, dove dominano i toni caldi del rosso e tutto si fonde, come in un gioco a incastro di rame, legno, pietra, metallo, mattoni.

Ritorno al Medioevo

Qui ogni scorcio è fermo a un Medioevo asiatico da manuale: finestre merlate, palazzi decorati con intarsi, stretti vicoli acciottolati, piazze e cortili disseminati di cisterne e pozzi, statue e templi, pagode e santuari. Non a caso l’antico nome di Bhaktapur, in sanscrito, è città dei devoti.

Un set da cinema

E l’ennesima Durbar Square sembra in tutto e per tutto la scena di un film. Uno è molto famoso: questo spazio monumentale con i suoi palazzi e i suoi templi, infatti, fu scelto da Bernardo Bertolucci  per ospitare la reggia del principe Siddharta nel suo Piccolo Buddha (1993).

Palazzi, templi, obelischi creano un mosaico di tessere aggiunte, un secolo dopo l’altro, da sovrani magnanimi e devoti. Tra le icone della città vecchia c’è l’ingresso all’immancabile Palazzo Reale dalle 55 finestre, la Porta d’Oro affollata di sculture di divinità, mostri, demoni e serpenti, tutto in rame dorato lavorato a sbalzo.

Oltre la soglia, ecco i cortili interni, che ospitano il Naga Pokhari (letteralmente, stagno dei serpenti), una piscina dedicata anticamente al bagno dei sovrani e circondata da un grande cobra di pietra, mentre altre serpi emergono al centro e all’estremità della vasca.

vasaio di Bhaktapur famosa per la produzione di ceramiche e terrecotte Nepalvasaio di Bhaktapur famosa per la produzione di ceramiche e terrecotte Nepal
Un vasaio di Bhaktapur, famosa per la produzione di ceramiche e terrecotte.

Tra ceramiche e terrecotte a Pottery Square

Bhaktapur è famosa anche per la produzione di ceramiche e terrecotte: già all’entrata della città si stagliano le ciminiere delle manifatture di mattoni. E la sua Pottery Square, quasi interamente occupata dai torni a pedale dei vasai e da file di contenitori di argilla messi ad asciugare al sole, è il cuore dell’artigianato e un luogo perfetto dove gironzolare senza meta e tentare un acquisto.

E per finire, Dhulikhel

Non è stata una capitale, ma secoli di storia, una vista sugli Ottomila himalayani, una serie di vicoli e piazze cristallizzati nel tempo come in un fermo immagine regalano alla piccola città di Dhulikhel un fascino unico.

Sorta lungo l’antica rotta commerciale tra il Tibet e la valle di Kathmandu, la sua parte vecchia è autenticamente newari, con palazzi e templi splendidamente scolpiti nel legno e nella pietra, santuari induisti e stupa buddhisti.

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Qui, ancora una volta, la bellezza mistica e fiera, terrena e allo stesso tempo trascendente, entra a far parte della vita quotidiana con la sua dose di sacro prepotentemente pervasivo. E così si impara ad ascoltare il silenzio e a respirare l’attesa. Una sensazione magnifica.

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