Potrebbe sembrare il classico scorcio da cartolina, con la baia orlata di sabbia candida e catamarani che dondolano sulle acque turchesi. “Invece Carlisle Bay è un parco marino che ha creato un nuovo habitat per la vita oceanica”, spiega il biologo marino Andre Miller, da anni impegnato nella difesa delle straordinarie acque di Barbados, la più esterna delle isole dei Caraibi.
Barbados, paradiso sopra e sotto il mare
Carlisle Bay Marine Park
La larga insenatura di Carlisle Bay è a pochi passi dal trafficato centro di Bridgetown, ma bastano maschera e boccaglio per trovarsi in compagnia di tartarughe, gorgonie, pesci angelo e pagliaccio. È la bellezza del Carlisle Bay Marine Park, dove “l’affondamento della barca da festa Bajan Queen (2002) e di altri cinque natanti ha permesso di creare un habitat per la vita marina in via di estinzione e attirato oltre cento specie. È importante anche l’inserimento di nuovi vivai di corallo: abbiamo un tasso di sopravvivenza del 92 per cento”, continua Miller, che gestisce insieme al figlio Adjani il centro immersioni Barbados Blue, sulla spiaggia.
I due si occupano anche del progetto Aware, per la rimozione di rifiuti e resti di imbarcazioni, causa del deterioramento delle barriere coralline. “L’incremento delle pulizie ha rinvigorito tutta la vita acquatica sottomarina”. Un elemento importante per un’isola con 97 chilometri di costa.
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Platinum Coast: le spiagge candide di Barbados
Piattaforma corallina emersa nell’Atlantico, Barbados condivide con l’immaginario caraibico le spiagge candide che si inseguono lungo la parte occidentale, con nomi come Paynes Bay, Sandy Lane, Mullins.
Lambite da acque turchesi e cobalto, sono il suo biglietto da visita più conosciuto, nel tratto che qui tutti chiamano Platinum Coast per l’infilata di ville fastose e hotel 5 stelle. Le sabbie bianchissime punteggiano anche la costa meridionale, meno sfarzosa, ma più autentica, e appaiono anche tra le falesie battute dal vento e dalle onde della selvaggia costa orientale, amata dai surfisti.
Ma con 439 chilometri quadrati di superficie (il doppio dell’Elba) e quasi 270 mila abitanti (otto volte l’isola toscana), l’eccessivo sviluppo urbano, l’inquinamento, la pressione del turismo diventano elementi da contrastare.
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Il progetto di tutela delle tartarughe
Lo sa bene Carla Daniel, direttrice per la sensibilizzazione e l’educazione pubblica del Barbados Sea Turtle Project. “Barbados vanta una delle maggiori popolazioni nidificanti dei Caraibi di tartarughe verdi, liuto ed embricata, specie oggi a rischio”, spiega Daniel, che è spesso impegnata nel controllo dei nidi e nel salvataggio di tartarughe in difficoltà.
“Abbiamo un numero telefonico sempre attivo, che anche i turisti possono chiamare per trasmettere una segnalazione. E numerosi volontari internazionali si iscrivono ogni anno per partecipare all’attività di protezione, tra giugno e novembre”. Molto fragili, i nidi possono essere calpestati, danneggiati da uragani o alte maree, mentre i piccoli, disorientati dalle luci, sbagliano direzione allontanandosi dall’acqua. “Ogni anno rispondiamo a oltre duemila chiamate e facciamo più di 60 mila salvataggi, oltre a contrastare la caccia illegale di uova e tartarughe”, conclude Carla Daniel. Un successo che è facile vedere sulla spiaggia di Drill Hall, consueto luogo di nidificazione.
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Venerdì sera: reggae, calypso e pesce
Per nuotare con questi animali centenari, ecco i lidi di Dover e della baia di Alleyne. La ricchezza delle acque oceaniche si scopre scendendo a sud, a Oistins: il mercato ittico, davanti al molo dove attraccano i pescherecci, è un tripudio di mahi-mahi, marlin, pesci spada, tonno, pesci volanti. Il venerdì sera, a ritmo di musica reggae e calypso, va in scena il Friday Night Fish Fry, con le griglie dei chioschi e le tavole affollate di turisti e locali.
Una First Lady al comando
Quest’isola a forma di spicchio, cinta da frange di barriera corallina e frantumata in lingue di sabbia e falesie, offre molto di più di mare e coste, per quanto straordinari. “Barbados ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1966”, racconta la storica Claudette Levi-Farnum indicando la statua di Errol Walton Barrow (1920-1987), a lungo primo ministro del Paese, che è considerato il padre dell’indipendenza.
“L’isola è una repubblica soltanto dalla fine del 2021 e a capo del governo c’è Mia Mottley, la prima donna nella storia di Barbados a raggiungere questa carica”.
Mottley, leader del partito laburista, è stata inserita dalla rivista americana Time fra le cento persone più influenti del 2022 per il suo impegno nell’affrontare il cambiamento climatico. “Barbados è un’isola sicura, dove si vive bene: le scuole sono obbligatorie fino a 16 anni e gratuite, come l’università”, aggiunge Claudette Levi-Farnum. Anche la sanità è gratuita: Barbados è tra i luoghi con la maggiore concentrazione di ultracentenari al mondo.
La capitale Bridgetown
La capitale Bridgetown, tra le vie affollate di negozi e bancarelle, banche e centri commerciali, conserva elementi che le sono valsi l’ingresso nel patrimonio Unesco: il particolare tessuto urbano a serpentina, la sede ottocentesca del parlamento, la guarnigione militare, con la casa che ospitò George Washington. Testimonianze dei tre secoli e mezzo in cui Barbados è stata colonia britannica.
Casette mobili e dimore padronali
Per capire la storia di Barbados è utile spostarsi nell’entroterra. Rasa al suolo la foresta indigena, il paesaggio venne addomesticato dagli inglesi con piantagioni di canna da zucchero.
Superando la parte più abitata, il panorama si compone di colline coperte di steli verdi e gialli pettinati dal vento, con radi boschi. Frequenti invece le tipiche case in legno, versione moderna e abbellita delle chattel house, le piccole case mobile di legno apparse dopo l’abolizione della schiavitù. Facilmente trasportabili, consentivano agli ex schiavi di spostarsi con l’abitazione e lavorare per diversi proprietari terrieri.
St. Nicholas Abbey
Appaiono rare le dimore padronali, nonostante in tutta l’isola ci fossero 500 piantagioni. Vale la pena di visitare St. Nicholas Abbey: circondata da giardini curati, conserva tra i muri in pietra corallina le sale di un tempo, con i vecchi mobili, le porcellane, la cristalleria.
“Acquistata nel 2006 da mio padre, l’architetto Larry Warren, che ne ha curato il restauro, oggi è gestita da tutta la famiglia, che si occupa anche della produzione artigianale di rum”, spiega Simon Warren, che spesso accompagna i turisti durante le visite. “Nelle stanze abbiamo inserito oggetti per ricordare il ruolo degli schiavi, un drammatico e doloroso capitolo che si tende spesso a dimenticare”. Già nel 1660 infatti, gli uomini giunti dall’Africa costituivano la maggioranza della popolazione di Barbados; due decenni dopo erano arrivati a due terzi.
L’originale rum di Barbados
L’isola delle Piccole Antille è nota anche per il rum. La prima testimonianza scritta compare in un documento del tribunale del Connecticut del 1654 che vietava i “liquori di Barbados comunemente chiamati rum o ammazzadiavoli o qualcosa di simile”. Il termine deriva da rumbullion, usato in Inghilterra per descrivere un “gran tumulto”, proprio quello che provocava il distillato inventato sull’isola.
L’industria del rum ha un ruolo significativo nell’economia del Paese: le esportazioni rappresentano il 19,8 per cento del totale. Tra le distillerie spicca Mount Gay Rum, attiva dal 1703. Ci lavora Trudiann Branker, la prima donna di Barbados a diventare master blender, la professionista che controlla l’equilibrio e i sapori creati dalla miscelazione di più rum.
Nelle visite guidate si scoprono gli impianti di produzione con gli alambicchi tradizionali, seguiti dall’assaggio tra le mura in pietra della casa padronale trasformata in sala degustazioni.
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Lussureggiante natura
Hunte’s Gardens
Molti abitanti di Barbados sono impegnati nel ripristino della biodiversità, messa a repentaglio dallo sviluppo turistico e dalle coltivazioni monocolturali. Il giardiniere (e produttore di rum) Anthony Hunt ha trasformato una piantagione di canna da zucchero negli Hunte’s Gardens, un’oasi spettacolare con decine di specie e varietà di uccelli, fiori e piante (come il giglio viola, l’eliconia e le orchidee).
Il giardino lussureggiante che oggi si ammira era un tempo una dolina calcarea dell’ex piantagione di Castle Grant, che sarà aperta a novembre.
Coco Hill Forest
A cinque minuti d’auto dagli Hunte’s Garden, ecco Coco Hill Forest, una foresta di 21 ettari percorsa da tre chilometri di sentieri tra alberi da frutto tropicali, erbe e spezie.
“L’intento è ricostruire la biodiversità presente un tempo sull’isola e diminuire la dipendenza alimentare: importiamo dall’estero molto cibo che potrebbe essere prodotto qui”, dice il proprietario, Mahmood Patel, ex regista.
Si passeggia e si fanno picnic in mezzo a manghi, cocchi, banani; c’è anche il forest bathing, la pratica di benessere giapponese. “Piantando varietà locali come zenzero e cacao vogliamo aiutare la foresta a ricrescere e ricucire il rapporto fra il tursimo e la nostra terra”.
Peg Farm & Nature Reserve
L’agricoltura sostenibile è anche al centro dell’attività della Peg Farm & Nature Reserve, che ha riconvertito una piantagione di 44 ettari dove c’era la coltivazione intensiva della canna da zucchero. “Coltiviamo con le pratiche della biodinamica e della permacultura e abbiamo un allevamento all’aperto di mucche e galline”, spiega il ventenne Lance Bourne, che continua il lavoro iniziato dal padre Paul, scomparso da poco. I buoni risultati di questo lavoro (uova, pomodori, lattughe, frutti) si gustano nel Farm House Café.
Passeggiare tra piante e foreste di mangrovie
Sono oltre 110 gli ettari della Walkers Reserve, parco naturale in una ex cava di sabbia silicea, usata nel settore edile. “Usiamo agricoltura rigenerativa e piantumazione di specie endemiche, piante alimentari e varietà utili, come il vetiver, che previene l’erosione del suolo”, spiega la guida Elijah Hinds.
“Passiamo dall’estrazione all’economia circolare”, aggiunge il fondatore Ian McNeel, “per sostenere forme ecologiche di business e turismo, dal volontariato per i programmi nati con Slow Food alla cucina con prodotti locali, dalle visite guidate in fattoria alle pulizia delle spiagge”.
Le passeggiate svelano un ambiente di grande fascino: colline coperte da 18 mila specie di piante, foreste di mangrovie che conservano il prezioso sistema di dune, la spiaggia selvaggia e deserta.
In bici lungo la costa
Una meraviglia da scoprire anche in bici. La parte settentrionale di Barbados vanta strade a basso traffico e alto incanto.
Si può partire dalla chiesa di St. Lucia, la parrocchia più settentrionale dell’isola, per pedalare tra i campi di okra e patate dolci. Un paio di ore in sella regalano affacci sul blu.
Come Archers Bay, oasi di sabbia bianca racchiusa da formazioni rocciose, Animal Flower Cave, grotta marina con piscine naturali aperta sull’oceano, Little Bay, assolato promontorio calcareo battuto dalle onde e dal vento.
“Di là c’è solo l’Africa”, dice Randy Liquorish, guida e campione di ciclismo. Dalla scogliera, lo spettacolo della costa orientale si allunga a perdita d’occhio. Un altro pezzo dell’ampio mosaico che compone quest’isola.