In crociera sul Mississippi. Ogni settimana leva l’àncora nel porto di Memphis, Tennessee, e attraversa il corso inferiore del Mississippi per approdare a New Orleans. Poi torna indietro, in una sequenza che sembra non avere fine.
La nave da crociera fluviale American Serenade, con le sue 90 cabine dotate di wi-fi e tv satellitare, è una parente moderna e silenziosa dei vaporetti sbuffanti con la ruota a pale che su queste acque trasportavano fuggiaschi e avventurieri, esibendosi in gare che “facevano arricciare il fegato dal piacere”. Parole di Mark Twain, che con i suoi scritti ha trasformato il grande fiume americano in un’eterna metafora di libertà.
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In crociera sul Mississippi: le storie dell’America profonda
I tempi sono cambiati: dalla sorgente nel Minnesota alla foce in Louisiana, il Mississippi dei giorni nostri appare piuttosto come un lunghissimo corso d’acqua limaccioso usato per il trasporto di merci, turisti e per il passatempo di qualche pescatore della domenica.
Eppure, nonostante non esistano più i romantici imbarcaderi e forse anche i narratori di una volta, questo fiume poderoso è capace di raccontare ancora storie vivide di quell’America profonda che, meglio di ogni altro territorio, restituisce oggi più che mai, alla vigilia delle incerte elezioni presidenziali del 2024, il ritratto in controluce del Paese reale.
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In crociera sul Mississippi: acque color nostalgia
Se gli oceani della West ed East Coast lasciano intravedere ampi orizzonti, forgiando negli uomini temperanza e ambizione, il Mississippi genera in chi abita lungo le sue rive una pacata nostalgia: forse perché qui i ricordi non prendono il largo, ma continuano a scorrere nell’alveo degli argini.
Non è un caso che i primi volti di questo racconto fluviale americano prendano forma a Vicksburg, river town teatro di un’indimenticata, aspra battaglia durante la guerra di Secessione. La città è appesa ai confini meridionali di un gomito fluviale disegnato dalla confluenza dello Yazoo nel Mississippi. Una regione che i locali chiamano “il posto più a sud della Terra”, alludendo alla propria cultura e alle proprie abitudini.
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Vicksburg
Ed è proprio così. La vita a Vicksburg, due secoli dopo il conflitto che ha creato l’America come la conosciamo oggi, ricordato anche negli splendidi murales sul lungofiume, scorre lentissima persino su Washington Street, la via principale della città.
È qui, ai margini di una striscia d’asfalto cotta dal sole su cui affacciano case di legno con portici adombrati da grandi magnolie, che lavora Brad Eldridge, giovane, fervido credente nativo di Delhi, in Louisiana.
Nel suo Parish Waterfowl Company realizza a mano richiami per le anatre, dopo anni passati a studiare come levigare le ance, le sottili lamine che formano il fischietto, in modo da ricreare un suono autentico.
Di giorno laboratorio artigianale, ma anche moderno showroom di abiti per outdoor e caffetteria, nel fine settimana il rifugio diventa meta dei giovani cristiani di Vicksburg, che tra queste mura leggono la Bibbia sorseggiando caffè cortado e mocaccini.
L’Attic Gallery e la storia di Karen Moore
A due isolati di distanza Karen Moore accoglie gli ospiti nell’Attic Gallery, vivace contenitore di quadri, sculture e gingilli. “Bizzarro” non è il termine più adatto per descrivere questa galleria d’arte perché tutto, nel Sud americano, è funk.
Come nel genere musicale che unisce rhythm and blues, jazz, soul, a queste latitudini le scelte estetiche lasciano il passo a un vitalismo istintivo, diretto. Persino la decisione di Moore di seguire il marito e lasciare San Diego, la città californiana dal clima perfetto, per un luogo più umorale e povero, può apparire insolita.
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Karen Moore in realtà è solo una delle centinaia di migliaia di americani che nell’ultimo decennio hanno voltato le spalle alla West Coast – considerandola invivibile a causa del costo della vita, dei fenomeni climatici e di politiche liberal poco avvedute, che hanno lasciato indietro molti – per trasferirsi in Stati come il Texas e lo stesso Mississippi, fortini repubblicani che potrebbero contribuire, nelle prossime presidenziali di novembre, a portare voti a Donald Trump.
“La sofferenza per questo distacco è ormai svanita”, racconta Moore mentre impacchetta con cura una coppia di orecchini a forma di mockingbird, cioè di tordo, che è l’uccello simbolo del Mississippi. “L’oceano era la mia casa. Ora le mie giornate le trascorro sul fiume”.
I drammi della guerra civile e della schiavitù oggi sono solo un’eco lontana. La navigazione a bordo di American Serenade scorre placida, persino monotona: le uniche attrazioni per diverse centinaia di chilometri sono qualche vecchio, sonnolento alligatore.
Poi si raggiunge Natchez, che prende il nome da uno dei più importanti popoli di nativi all’epoca in cui fu avviata la colonizzazione dell’America.
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Pianisti, whiskey e saloon
Grazie alle piantagioni di cotone e zucchero, la città divenne ricchissima. Testimonial dei bei tempi andati sono le centinaia di case coloniali risparmiate dall’assedio degli Unionisti durante il conflitto di Secessione.
In una di queste cinematografiche mansion private, Pleasant Hill, il sindaco Dan M. Gibson – il più giovane del Mississippi e l’unico rieletto nella sua carica alle municipali del 2024, oltretutto senza sfidanti: era un secolo che non succedeva a Natchez – suona il pianoforte a coda ogni pomeriggio.
Immaginando un futuro in cui i tour delle dimore storiche possano richiamare qui turisti da ogni dove.
Non c’è però traccia alcuna di forestieri a Under-the-Hill, quartiere nella pancia della collina che separa il lungofiume dalla città, dove va in scena, al Saloon di Andre’ Farish junior, un adattamento in chiave moderna della vita a Natchez prima dell’arrivo delle ferrovie.
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Nessuno possiede davvero nulla
Tra le mura in cui si radunavano capitani coraggiosi e giocatori d’azzardo, ladri di bestiame, prostitute e lo stesso Mark Twain, che in questi luoghi trovò ispirazione per narrare le scorribande picaresche di Huckleberry Finn, oggi si suona il blues e si bevono whiskey e Coca-Cola ghiacciate.
Poi, al calare del sole, ci si abbandona su sedie a dondolo dalla spalliera a ventaglio per riflettere sullo scorrere della vita: “Nessuno possiede davvero nulla, soprattutto sul fiume”, sentenzia Farish.
In sottofondo, la musica di Johnny Cash e il canto orchestrato dei tordi. Poi, quando l’ultima luce si scioglie nelle acque torbide del fiume, che a Natchez odorano di limo e legno di tronchi fradici, la nave Serenade riparte dolcemente, alla velocità di pochi nodi, per entrare nel profondo Sud americano.
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In crociera sul Mississippi: pagine di ieri, sempre attuali
Le vicende legate alla schiavitù hanno influenzato drammaticamente l’identità degli abitanti della Louisiana, dove si fondono le tradizioni nere, creole e cajun. Al punto che non è possibile visitare questo Stato senza percepire gli echi di quelle lontane vicissitudini.
Così a Vacherie, nella Oak Alley Plantation, la più monumentale piantagione di zucchero del Deep South, la storia di Zephyr – l’unico schiavo liberato dopo decenni di duro lavoro su istanza dei suoi stessi padroni, i Roman, che gli permisero anche di acquistare la moglie Zaire – continua a risuonare nella sontuosa tenuta dal colonnato neoclassico, sotto la volta verde del celebre viale, su cui torreggiano querce vecchie 300 anni.
Allo stesso modo a St. Francisville, nella Frogmore Cotton Plantation & Gins, i cori gospel riproposti per i visitatori e la modernizzazione delle tecniche per raccogliere il cotone, oggi affidato ad asettici macchinari, non attutiscono il ricordo doloroso del passato.
“Le cose per noi neri sono cambiate”, sottolinea Bryant Lodges, che con l’amico (bianco) Bruce Wagshack insegna ai turisti a cucinare la jambalaya, saporito piatto creolo che mescola riso, carne, crostacei e spezie, cotti a fuoco vivo sulla carena di una barca rovesciata.
“O forse”, aggiunge, “la situazione si è solo istituzionalizzata”, e accompagna l’ultima frase con le tipiche cantilene della gente del Sud. Ciò che è certo è che la semplice coffee house in cui lavorano entrambi, Cajun Village, fotografa bene la realtà dell’odierna Louisiana: uno degli Stati più poveri e neri degli Usa, che durante le elezioni primarie repubblicane dello scorso marzo si è confermato una cassaforte di voti per Donald Trump.
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I racconti di Mark Twain: cos’è cambiato
Un viaggiatore con qualche lettura alle spalle potrebbe vedere in Lodges e Wagshack, cresciuti sul fiume a ritmo di blues rurale e sfrigolio di pesce gatto, una versione moderna di Huckleberry e dell’amico Jim, coppia di fuggiaschi resa immortale dalla penna dissacrante di Mark Twain, e, insieme, un’eccezione alla dura, ma ancora attuale verità sul popolo americano, che lo scrittore sintetizzò nei suoi racconti: “Di solito timorato di Dio ma sempre felice di azzuffarsi con un nero”.
Nonostante l’affermarsi della woke culture, per dirla con il linguaggio politicamente corretto dei progressisti americani, ovvero il “risvegliarsi” dell’attenzione verso le tematiche legate al razzismo e alla discriminazione, le tensioni tra bianchi e afrodiscendenti restano ancora fortissime.
Le conseguenze della crisi climatica sul fiume
Una cosa che invece è cambiata, nell’ultimo secolo, è la profondità del fiume. Che era impetuoso ai tempi di Twain, o meglio, di Samuel Langhorne Clemens. Lo scrittore, che aveva trascorsi di marinaio, scelse il suo nome d’arte da un frequente urlo dei barcaioli – “By the mark, twain!” – che indicava la profondità di sicurezza delle acque per il transito dei natanti.
Oggi, a causa del cambiamento climatico, la portata scende non di rado sotto il livello di guardia e il Mississippi non è navigabile.
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L’America intera a bordo di una crociera sul Mississippi
Anche i viaggiatori sono cambiati. A bordo dell’American Serenade e delle altre imbarcazioni che solcano il grande fiume non c’è più la città fluviale cantata dai Creedence Clearwater Revival nella celebre Proud Mary, ma l’America intera.
La nave è il palcoscenico di un costante raduno settimanale di turisti in arrivo dalla West come dalla East Coast, passando per il Midwest, desiderosi di assaporare l’esotismo del Sud, ammirare le sue case con i grandi portici dai soffitti dipinti di haint blue, tonalità pastello dal verde al blu, magari assaggiare dalle bancarelle di street food un po’ boy, sandwich tradizionale a base di roast beef o pesce fritto.
È proprio qui, sul fondo degli States, che la nave da crociera sul Mississippi Serenade approda. Se nel bayou, l’ecosistema di foreste galleggianti formato dai bracci del Mississippi dove la natura ha ancora il sopravvento, la nave sembrava una chimera, in Louisiana, nella capitale Baton Rouge prima, a New Orleans poi, è solo una pedina di ferro su una scacchiera d’acqua affollata da chiatte che trasportano petrolio e mais e da qualche sporadico battello a vapore trasformato in casinò.
Che cosa resta, allora, dell’immagine romantica del grande fiume americano?
Il fantasma della libertà
Resta comunque un po’ di magia. Non quella che si trova nelle strade affollate del quartiere francese di New Orleans, dove cartomanti e chiromanti interpretano il destino e gli sciamani voodoo cuciono bamboline di pezza, ma quella della narrazione.
Gli americani sono riusciti a trasformare un fiume limaccioso, che lungo le sue sponde ha visto consumarsi sofferenze indicibili, in un’allegoria della libertà: la specialità della casa. E allora, così come il Nilo rievoca la grandezza della storia e il Rio delle Amazzoni la forza della natura, il Mississippi rimane – nonostante tutto, ancora oggi – il fiume dei romanzi, delle storie. Dell’incedere meraviglioso e difficile della vita.
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In crociera sul Mississippi: curiosità da sapere
Il Mississippi nasce dal lago Itasca, in Minnesota, e sfocia nel Golfo del Messico dopo un viaggio di 3.778 chilometri attraverso ben dieci Stati americani: una goccia di pioggia caduta nel lago impiega circa tre mesi prima di raggiungere il mare.
Ha un bacino super, anzi, enorme: il terzo più vasto del mondo dopo quelli del Rio delle Amazzoni, in Sudamerica, e del Congo, in Africa. Il bacino idrografico del Mississippi supera infatti i tre milioni di chilometri quadrati, pari a un terzo del territorio degli Stati Uniti e a quasi undici volte la superficie dell’Italia, interessando due province canadesi e 32 Stati americani.
Nelle sue paludi c’è vita. Soprattutto nella sua parte inferiore, dalla confluenza del fiume Ohio alla foce, il Mississippi crea i bayous, una fitta rete di torrenti lenti e paludosi che formano vasti meandri alluvionali: un ecosistema popolato da numerosissimi animali, dagli alligatori ai delfini, dagli ibis ai lamantini, dai gamberi agli aironi. E, naturalmente, molte zanzare.
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